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EMMA

 

Le storie d’amore, di solito, non hanno un nome; possono avere il nome della persona amata, ma non le si chiama mai con un nome specifico, con un nome proprio.

Le si ricorda con la durata, con la data d’inizio o di fine, con certi accadimenti, ma mai con il loro nome.

 

Emma era nata il 4 aprile 2011 a Jesolo e non avrebbe potuto nascere, in effetti, lontana né dal mare, né dalla sabbia.

Si era preannunciata di corsa e a tempo di musica, tra le righe di un bigliettino non poco infantile, non poco grandioso, con in copertina la Bella e la Bestia al momento del ballo; ci ha fatti ballare tanto Emma.

 

Ci ha fatti ballare uno di quei balli che ridi mentre ti muovi e giri e ridi e ti manca il fiato, ma vuoi girare ancora.

Emma era intensa: intensa come l’aria densa che appanna di giorno e di notte i finestrini della macchina dietro ai camion; intensa come le mani con cui sapevi far battere ogni cosa. E battevi bene.

 

È stata amata follemente Emma: quantità folli di folle amore, succhiate senza tregua.

 

Emma disseminata un po’ a Venezia, un po’ a Capoliveri; dispersa nelle contrade di Rio Maggiore e lungo la via dell’Amore; Emma a gattoni che scappa per non farsi rubare le amarene.

 

Avrebbe visto Lisbona se fosse diventata grande ma, scivolando sulle mie piccole mani umide di lacrime, ha rotto l’uovo bianco di cioccolato e non ha fatto in tempo, Emma, a vedere cosa sarebbe stato.

 

“Anche la melodia più bella non suona bene se il tempo è quello sbagliato” mi dicevi, eppure non mi esimi dal chiedermi come sarebbe Emma se nascesse oggi. E se fosse nata domani?

Ma la vita e la morte non sono banali, passano una volta sola, ed Emma è già nata e morta già, seppellita nell’ebano irrequieto, sotto al marmo dell’inquietudine di quegli anni, fatti dei miei animi inquieti di irrequietudine.

A ricordarla stanno i tuoi fiori rossi che hai avuto fretta di portare.

Se avessimo accelerato…

Se avessimo aspettato…

 

Eppure Emma resta nelle gocce del limone da non mettere mai sulle cozze e nella donna migliore che so di essere; resta nel rumore delle moto di Misano e in quella collanina d’oro che fingo di portare; resta nel calore che ha sciolto i ghiacci del tuo cuore.

Resta più di tutto in ogni canzone e in quella foto che mai ti ho dato, perché si vede troppo chiaramente ciò che abbiamo imparato: non c’è misura per l’amore, così fantasioso e matto da riuscire a  essere immortale, da saper ripassare dentro altri occhi che sembrano uguali, almeno in certi momenti, all’amore, a cui daremo un altro nome.

 

Il nostro si chiamava Emma e mi suonerà per sempre dentro al ritmo del tuo amore, qualsiasi altro nome all’amore darò; in qualsiasi altro nome gli darai, Emma continuerà a scaldarti con il fuoco del mio amore e questo basterà, ovunque Emma sia, dovunque Emma andrà.

 

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